#TurismoCrema: i chiostri quattrocenteschi dell’ex convento di Sant’Agostino

04-08-2020

Crema è ricca di cortili, giardini segreti e chiostri ombreggiati dove cercare refrigerio dalla calura estiva. Passeggiando all’ombra dei chiostri dell’ex convento di Sant’Agostino lasciatevi incantare dallo spettacolare refettorio affrescato: rimarrete rapiti dalla grandiosità degli affreschi di ispirazione Vinciana.

L’ex complesso conventuale ospita oggi il centro culturale omonimo, del quale fa parte il Museo Civico di Crema e del Cremasco e numerosi spazi utilizzati per eventi, concerti e mostre temporanee.
Sin dal 1422 il nobiluomo cremasco Giovanni Tommaso Vimercati aveva destinato una parte della propria eredità agli Agostiniani per la costruzione di un convento e di una chiesa in città. I lavori, però, si avviarono solo nel 1439, quando a Crema giunse Fra Gian Rocco Porzi, primo priore della comunità e fondatore dell’Osservanza agostiniana di Lombardia. Il fenomeno delle Osservanze è una riforma intrapresa dagli ordini monastici e conventuali fra XIV e XV che si propone un ritorno al rispetto della regola originaria. Quella di Crema fu la casa madre dell’osservanza agostiniana in Lombardia e per tutto il XV secolo il convento fu un importante centro spirituale, culturale e politico, soprattutto grazie ad Agostino Cazzuli (Crema, 1423 circa – 1495) che ricoprì importanti cariche tra cui quelle di priore di vari conventi e di vicario generale dell’ordine.
La costruzione iniziò dal chiostro settentrionale e dalla chiesa per poi proseguire con quello meridionale. La chiesa dedicata a Sant’Agostino fu terminata nel 1466. Nel 1642 fu demolita per lasciare il posto a uno nuovo edificio progettato dall’architetto milanese Francesco Maria Richini (Milano, 1584 – 1658). La nuova chiesa fu terminata nel 1647. Nel 1797 il convento fu soppresso, nel 1811 fu demolita la cupola della chiesa e nel 1830 circa il resto dell’edificio. La facciata e la cupola della chiesa seicentesca ci sono note grazie a un disegno e a una incisione. Tre dei dipinti presenti sugli altari si trovano oggi nel Museo.

Il chiostro nord, il primo che s’incontra entrando nel complesso, era già ultimato nel 1453. Presenta archi a sesto acuto sostenuti da pilastri in laterizio con capitelli a cubo scantonato. Vi si trova la sala capitolare dal bellissimo soffitto costolonato che oggi ospita la sezione di arte del Novecento. Negli anni Sessanta del Quattrocento fu completato lo scriptorium dove venivano realizzati e conservati i manoscritti. La grande sala – oggi nota come sala Cremonesi – conserva il soffitto originale ornato di tavolette.
Entro il 1495 si concluse la costruzione del chiostro sud che presenta anch’esso archi a sesto acuto sostenuti da pilastri in laterizio con capitelli a cubo scantonato. Su questo chiostro si affacciano vari ambienti con volte unghiate. Una di queste presenta decorazioni a grottesche della seconda metà del Cinquecento riconducibili all’ambito del pittore cremasco Aurelio Buso.

L’ambiente più spettacolare dell’ex convento di Sant’Agostino è, però, il refettorio, cioè il luogo dove i frati si riunivano per mangiare mentre venivano lette le sacre scritture. La vasta sala misura circa 30×9 metri ed è interamente affrescata. Nel fregio che corre ai piedi dell’Ultima cena si legge la data 1507 che possiamo ipotizzare essere quella di conclusione dell’affresco. I dipinti sono opera del pittore Giovan Pietro da Cemmo affiancato da vari aiuti. Nato a Cemmo in Val Camonica attorno al 1450, il pittore fu attivo in varie località delle vallate bresciane oltre che nei conventi agostiniani di San Barnaba a Brescia, Sant’Agostino a Cremona e Sant’Agostino a Como. Morì verso il 1510. Dopo esordi legati a stilemi ancora tardogotici, è protagonista di una svolta in chiave rinascimentale profondamente influenzata dalle opere di Donato Bramante e Andrea Mantegna. Sulla parete est è raffigurata l’Ultima cena: si tratta di una delle prime copie che riprende il dipinto realizzato da Leonardo da Vinci nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Differente è lo sfondo in cui Giovan Pietro da Cemmo mette in opera un’architettura prospettica di ispirazione bramantesca e motivi decorativi “all’antica” secondo la moda creata da Andrea Mantegna. Sulla parte ovest è raffigurata la Crocifissione. Anche in questo caso si tratta di una ripresa del dipinto realizzato da Giovanni Donato da Montorfano nel medesimo refettorio di Milano. La copia, però, è meno fedele e si limita al solo soggetto. Lungo le pareti laterali corre un fregio di ispirazione mantegnesca con decorazioni vegetali, mascheroni e figure mitologiche impostato su peducci. Sopra questi capitelli pensili si trovano 20 tondi con teste di Re dell’Antico Testamento. Nelle 22 lunette sono raffigurati esponenti dell’ordine agostiniano riconoscibili dall’abito nero. Nelle voltine unghiate sono dipinti 23 tondi a monocromo e 1 a colori con scene dell’Antico Testamento, circondati da una decorazione a racemi rossi.

Dopo la soppressione del convento, i chiostri furono adibiti a caserma, funzione che mantennero fino al termine della Seconda Guerra Mondiale quando furono utilizzati per ospitare le famiglie di sfollati. Nel 1959 il complesso fu acquisito da Comune per ospitare il Museo Civico di Crema e del Cremasco inaugurato il 21 maggio 1960.